Disturbi d’Ansia: ansia, attacchi di panico
Chi di noi non ha mai provato un po’ d’ansia prima di un esame o di un’interrogazione?
Chi, prima di un colloquio di lavoro o di una gara, non si è mai sentito agitato?
Chi non ha passato qualche notte insonne mentre aspettava i risultati di qualche analisi fatta o in attesa di un nuovo progetto?
Queste sono solamente alcune situazioni che possono farci conoscere od incontrare l’Ansia.
L’Ansia è una risposta naturale del corpo allo stress. È un sentimento di paura o apprensione per ciò che verrà. Si tratta di un’emozione universale, messa a punto dall’organismo come meccanismo di allarme per evitare dei pericoli che, direttamente o indirettamente, minacciano la nostra sopravvivenza. E’ una risposta adattiva ad una minaccia reale o percepita come tale, che ci permette di attivare tutte le nostre risorse, fisiche e mentali, per farvi fronte o per dare il massimo e migliorare le nostre prestazioni.
Tuttavia, a volte, può accadere che ci si renda conto che questa emozione sia troppo intensa o troppo presente, tanto da farci star male, da bloccarci e da monopolizzare tutti i nostri pensieri e le nostre energie. Questo tipo di Ansia diventa allora un problema, che va affrontato, per riuscire a ritrovare un maggior benessere psico-fisico.
Quali sono i sintomi dell’Ansia?
L’ansia può presentarsi all’improvviso, come nel panico, oppure gradualmente, nel corso di diversi minuti, ore o giorni. Può durare da pochi secondi ad anni, sebbene una durata maggiore è più caratteristica dei disturbi d’ansia. L’ansia è molto personale ed è percepita da ognuno di noi in modo diverso. I sentimenti possono variare da farfalle nello stomaco a un cuore che batte troppo forte (tachicardia). Il disagio è dovuto al fatto che ci si sente fuori controllo, come se ci fosse una disconnessione tra mente e corpo. La persona ha una sensazione generale di paura e preoccupazione, oppure teme un luogo o un evento specifico.
I sintomi generali dell’ansia sono rappresentati da: senso di paura e di pericolo imminente; paura di morire o di perdere il controllo; tensione generale; incapacità di rilassarsi; apprensione; ipervigilanza; inquietudine.
I sintomi psicologici dell’ansia sono: preoccupazioni eccessive per questioni secondarie; tendenza al catastrofismo; irritabilità e impazienza; difficoltà a concentrarsi e scarsa attenzione; sensazione di perdita della propria personalità e del senso della realtà; disturbi della memoria; disturbi del sonno.
Disturbi dell’Umore: Depressione
In alcuni momenti della propria vita, a tutti può capitare di provare sentimenti come tristezza, sconforto, pessimismo; mancano le energie, non si ha voglia di fare niente, tutto si colora di nero. Essere tristi è normale e fa parte della vita. Tuttavia se queste sensazioni perdurano nel tempo e diventano pervasive, andando ad influenzare il funzionamento sociale, lavorativo e relazionale della persona, allora potrebbe trattarsi di un disturbo dell’umore.
Intervenire tempestivamente è molto importante affinchè la prognosi sia migliore.
Secondo il DSM-V (Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali) i Disturbi dell’Umore comprendono due categorie:
– i Disturbi depressivi
– i Disturbi bipolari
La Depressione fa parte dei Disturbi depressivi.
Ci sono diversi tipi di Depressione: la depressione maggiore, il disturbo distimico, il disturbo da disregolazione dell’umore dirompente, il disturbo disforico premestruale.
In particolare la depressione maggiore è caratterizzata da:
– umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni
– disinteresse o mancanza di piacere per le normali attività
– insonnia o ipersonnia persistente
– significativa perdita di peso o alterazioni dell’appetito
– mancanza di energia o sensazione di fatica
– bassa autostima o eccessivi sensi di colpa
– diminuzione della capacità di attenzione e concentrazione
– agitazione psicomotoria o rallentamento della motricità
– ricorrenti pensieri di morte, tentativi di suicidio o ideazioni suicidarie
Per la diagnosi di Disturbi depressivo maggiore devono essere presenti almeno 5 di questi sintomi per un periodo di almeno 2 settimane.
Il disturbo distimico o disturbo depressivo persistente è caratterizzato da umore depresso per la maggior parte del giorno quasi tutti i giorni, per almeno 2 anni e almeno 2 dei seguenti sintomi:
– scarsa energia o sensazione persistente di fatica
– insonnia o perinsonnia
– scarso o eccessivo appetito
– bassa autostima
– calo della concentrazione o difficoltà a
prendere decisioni
– sentimenti di disperazione
Durante i due anni di malattia il soggetto vive con continuità questi sintomi o può avere brevi e rari momenti di maggiore serenità.
Disturbi psicosomatici
Quante volte nella nostra quotidianità abbiamo sentito dire: ”No, non è niente è solo psicosomatico”, “Non hanno trovato la causa e allora hanno detto che è psicosomatico, ma io non me lo sono inventato”…
Purtroppo ancora oggi, spesso, si sottovaluta il “disturbo psicosomatico”, considerandolo di poco conto, a volte immaginario o inventato, altre volte esagerato o comunque non così importante da essere trattato, con la convinzione che prima o poi passerà da solo.
In realtà il disturbo psicosomatico è un vero e proprio disturbo che comporta danni a livello organico e che può essere causato o comunque aggravato da fattori psicologici ed emotivi. Le manifestazioni organiche non sono prodotte intenzionalmente né tantomeno sono il frutto di simulazione, ma sono disagi reali. Questi sintomi organici possono portare ad un grado di sofferenza molto elevato in diverse aree del proprio funzionamento, come la vita affettiva, sociale, lavorativa e familiare.
Il processo alla base del disturbo psicosomatico è la somatizzazione, con tale termine si intende il meccanismo che permette di trasformare i processi psichici in somatici, coinvolgendo il sistema endocrino ed immunitario.
I sintomi psicosomatici coinvolgono il sistema nervoso autonomo e forniscono una risposta vegetativa a situazioni di disagio psichico o di stress. Le emozioni negative, prolungate ed intense, mantengono il sistema nervoso autonomo (sistema simpatico) in un continuo stato di eccitazione ed il corpo in una condizione di emergenza continua, a volte per un tempo più lungo di quello che l’organismo è in grado di sopportare. I pensieri troppo angosciosi, quindi, possono mantenere il sistema nervoso autonomo in uno stato di attivazione persistente il quale può provocare dei danni agli organi più deboli.
Disturbi di tipo psicosomatico possono manifestarsi nell’apparato gastrointestinale (gastrite psicosomatica, colite psicosomatica, ulcera peptica), nell’apparato cardiocircolatorio (tachicardia, aritmie, cardiopatia ischemica, ipertensione essenziale), nell’apparato respiratorio (asma bronchiale, sindrome iperventilatoria), nell’apparato urogenitale (dolori mestruali, impotenza, eiaculazione precoce o anorgasmia, enuresi), nel sistema cutaneo (la psoriasi, l’acne, la dermatite psicosomatica, il prurito, l’orticaria, la secchezza della cute e delle mucose, la sudorazione profusa), nel sistema muscoloscheletrico (la cefalea tensiva (o mal di testa), i crampi muscolari, la stanchezza cronica, il torcicollo, la fibromialgia, l’artrite, dolori al rachide, la cefalea nucale) e nell’alimentazione.
Alcuni tra i disturbi psicosomatici più comuni sono:
– Fibromialgia
– Stanchezza cronica
– Cefalea tensiva
– Disturbo di somatizzazione
– Colite spastica (colon irritabile)
– Dermatite psicosomatica
– Dolore cronico
In che modo le emozioni hanno un impatto fisiologico sul nostro corpo?
Quando ci sentiamo bene, il nostro cervello rilascia sostanze chimiche come la serotonina e l’ossitocina; quando siamo stressati, il nostro corpo rilascia cortisolo, passando in modalità di sopravvivenza. Detto in parole povere: ciò che pensiamo avrà un impatto profondo sul nostro fisico, sia esso positivo o negativo.
Una citazione di Ippocrate rende bene l’idea:
Se qualcuno chiede aiuto per guarire dalla sua malattia, la prima cosa che devi chiedergli è: Sei pronto a farla finita con le ragioni che scatenano la tua malattia? Solo allora sarà possibile aiutarlo.
La malattia non è, in genere, un semplice incidente di percorso, ma il più delle volte un’espressione di aspetti che l’individuo cerca di reprimere, nascondere perchè temuti, e che spesso cerca di combattere prima ancora di comprenderli.
I sintomi , quindi, sono il tentativo del corpo di contrastare o di rimuovere l’agente stressore e riparare il danno ad esso causato.
In conclusione si può affermare che le malattie somatiche sono un’espressione diretta del disagio psichico attraverso il corpo. In queste malattie l’ansia, la sofferenza, le emozioni troppo dolorose per poter essere vissute e sentite, trovano una via di scarico immediata nel corpo.
Mental coaching e consulenza sportiva
All’atleta professionista è richiesto di dare il massimo sempre e comunque, di avere una performance di livello ad ogni gara. Tuttavia il giocatore non è una macchina e può accadere che nonostante l’allenamento tecnico e fisico non riesca ad esprimersi al meglio.
Molti fattori possono condizionare il suo rendimento: la pressione agonistica, problemi fisici, aspetti emotivi irrisolti o incompresi occasionali o pregressi, difficoltà relazionali all’interno del gruppo squadra, incomprensioni nel rapporto con lo staff, …
Con un’adeguata comprensione e sostegno da parte di un professionista, è possibile fare in modo di rendere la stagione agonistica il più libera possibile da queste interferenze, per permettere al giocatore di esprimersi al meglio delle sue potenzialità.
Inoltre la prestazione sportiva dipende principalmente dall’energia che un atleta ha a disposizione. Uno sportivo che ha un corpo teso e rigido ha tanta energia trattenuta che non può utilizzare per la sua performance e poichè alla base della rigidità corporea cronica vi sono delle emozioni bloccate, solo un lavoro psico-corporeo specifico può aiutarlo a recuperare il suo completo potenziale energetico.
Qualunque sport si vada a praticare, soltanto l’espressione combinata mente-corpo, con tutti gli aspetti emozionali, e quindi la possibilità di avere un corpo libero da contrazioni croniche, consentirà di ottenere la migliore prestazione possibile per l’atleta.
Disturbi Alimentari
I disturbi dell’alimentazione o del comportamento alimentare (DCA) sono patologie caratterizzate da un’ alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo.
I comportamenti tipici di una persona che soffre di un Disturbo del Comportamento Alimentare sono: digiuno, restrizione dell’alimentazione, ingestione di una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo accompagnata dalla sensazione di perdere il controllo (crisi bulimiche), vomito autoindotto, assunzione impropria di lassativi e/o diuretici al fine di contrastare l’aumento ponderale, intensa attività fisica finalizzata alla perdita di peso. Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo alimentare. Ci sono infatti dei criteri ben precisi che definiscono cosa si intende per “disturbo del comportamento alimentare”.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – DSM 5 distingue 6 principali categorie di Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione:
– Anoressia Nervosa, caratterizzata da incessante ricerca di magrezza, paura estrema dell’obesità e limitazione del consumo di cibo, che portano ad un peso corporeo significativamente basso; i soggetti con anoressia nervosa limitano il consumo di cibo, ma possono anche sovralimentarsi e in seguito compensare mediante l’eliminazione, ad esempio procurandosi il vomito o usando lassativi;
– Bulimia Nervosa, caratterizzata da episodi ripetuti in cui in poco tempo si mangiano grandi quantità di cibo, seguiti dal tentativo di rimediare all’eccesso di cibo consumato con vomito o lassativi;
– Disturbo da Alimentazione Incontrollata (o Binge Eating Disorder, BED), caratterizzato per il consumo di quantità di cibo eccezionalmente grandi, molto superiori a quelle che la maggior parte della gente mangerebbe in situazioni e tempo analoghi; durante e dopo il consumo smodato di cibo, il soggetto accusa perdita di controllo; l’alimentazione incontrollata non è seguita dal comportamento eliminatorio o da tentativi diversi di compensare l’eccesso di cibo;
– Disturbo alimentare evitante/restrittivo si caratterizza per la scarsa assunzione di cibo e/o per il rifiuto di consumare determinati alimenti senza alcuna preoccupazione per l’aspetto o il peso corporeo; di solito, i soggetti con questo disturbo sono estremamente schizzinosi riguardo al cibo e ai tipi di alimento, ad esempio, possono evitare gli alimenti che hanno un certo colore, consistenza o odore; alcuni soggetti temono possibili conseguenze avverse del consumo di cibo, quali il soffocamento o il vomito;
– Pica, caratterizzato dall’ingestione continuata nel tempo, per almeno un mese, di sostanze non nutritive (terra sabbia, carta, gesso, legno, cotone, etc.);
– Mericismo (Disturbo di ruminazione), si caratterizza per il continuativo rigurgito del cibo per almeno 1 mese; di solito è un comportamento quotidiano: il cibo, prima ingerito, anche parzialmente digerito, viene rigurgitato in bocca, può essere poi rimasticato, ringoiato o sputato, senza nausea o disgusto o conati di vomito.
Oltre a questi ci sono altre due categorie residue:
– Disturbo della nutrizione o della alimentazione specificato: si tratta di casi sottosoglia dell’anoressia, della bulimia, del disturbo da alimentazione incontrollata oltre al disturbo con condotte di eliminazione e sindrome del mangiare di notte;
– Disturbo della nutrizione o della alimentazione non specificato, ossia un disturbo dell’alimentazione in cui mancano delle informazioni per specificarne le caratteristiche.
Una sintomatologia comune dei disturbi alimentari è l’alterazione della propria immagine corporea. La percezione distorta che la persona ha del suo corpo influenza in modo non obiettivo i suoi atteggiamenti e pensieri
Soffrire di un disturbo alimentare sconvolge la vita di una persona; sembra che tutto ruoti attorno al cibo ed alla paura di ingrassare. Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili se non impossibili e motivo di forte ansia, come andare in pizzeria o al ristorante con gli amici o partecipare ad un compleanno o ad un matrimonio. Spesso i pensieri sul cibo assillano la persona anche quando non è a tavola, ad esempio a scuola o sul lavoro terminare un compito diventa difficilissimo perché sembra che ci sia posto solo per i pensieri su cosa si “debba” mangiare, sulla paura di ingrassare o di avere un’abbuffata.
Solo una piccola percentuale di persone che soffre di un disturbo alimentare chiede aiuto.
All’inizio il soggetto non sempre si rende conto di avere un problema anzi, l’iniziale perdita di peso può portare la persona a sentirsi meglio, a ricevere complimenti, a vedersi più magra, più bella ed a sentirsi più sicura di sé; altre volte, il forte senso di vergogna e di colpa possono “impedire” alla persona di chiedere aiuto o semplicemente di confidare a qualcuno di avere questo tipo di problemi.
Difficoltà adolescenziali
L’adolescenza, dal latino “adolescere” che significa “crescere”, è un periodo complesso; una fase di cambiamento a livello psicologico, fisico e sociale, durante la quale l’individuo conquista le abilità e le competenze necessarie ad assumersi le responsabilità relative al futuro stato di adulto.
Una serie di sfide si aprono agli occhi dei ragazzi e anche dei loro genitori, che vivono questa fase con angoscia e preoccupazione per i figli che crescono. L’adolescente deve accettare il corpo che cambia con la pubertà, definire la propria identità e costruire un’immagine del sé adulto, acquistare maggiore indipendenza e gestire nuovi vissuti ed emozioni. I ragazzi si ritrovano ad affrontare dei radicali cambiamenti nel loro modo di vivere le relazioni con gli altri e con loro stessi.
La crescita neuronale e la correlata maturazione cognitiva, insieme alla trasformazione del loro corpo, li portano ad affrontare alcune domande fondamentali della loro vita psicologica: chi sono? quanto valgo? come diventerò? La ricerca dell’autonomia e la differenziazione dai genitori cambiano il loro modo di vivere i rapporti familiari che possono diventare conflittuali e apparentemente instabili.
Anche se è una fase del tutto “naturale” e “fisiologica”, che tutti noi attraversiamo, a volte può cogliere impreparati, psicologicamente e/o emotivamente, e non sempre si riescono a trovare autonomamente le risorse per affrontarla in maniera funzionale ed adattiva. L’adolescente prova a ribellarsi alla natura come può ma a volte sentimenti di inadeguatezza, insofferenza, tristezza, paura possono prendere il sopravvento e sfociare in alcune problematiche. Il disagio può manifestarsi in varie forme:
– Difficoltà relazionali e conflitti familiari
– Disturbi dell’alimentazione
– Difficoltà nella sfera sessuale
– Difficoltà scolastiche e di apprendimento
– Comportamenti antisociali, abuso di alcool o di sostanze, condotte autolesive
– Disturbi di ansia o dell’umore
Sostegno alla genitorialità
La genitorialità è il processo di promozione e sostegno dello sviluppo fisico, emotivo, sociale ed intellettuale di un bambino, dall’infanzia all’età adulta. Il concetto di genitorialità si riferisce alla complessità di crescere un bambino, e non esclusivamente alla relazione biologica.
Essere genitori è molto complesso perché non c’è un manuale da poter seguire, che spiega cosa dire e come comportarsi di volta in volta; non esiste un modo “giusto” o “sbagliato” di essere genitori. Ogni genitore è una persona con una sua storia, con una propria testa ed un suo cuore, con la sua anima ed il suo corpo, che deve riuscire a nutrire, accudire, proteggere, dare affetto, sostegno, educare, promuovere l’autonomia e l’indipendenza di un altro essere umano con una propria testa, un suo cuore, una propria anima ed un suo corpo.
E’ un lavoro continuo di consapevolezza e monitoraggio di ciò che è proprio (bisogni, emozioni, desideri, aspettative, …) per riuscire ad interpretare, capire ed andare incontro ai bisogni, alle emozioni, ai desideri, alle aspettative dell’altro.
Inoltre quando si diventa genitori si modifica la percezione di sé come adulto e, anche se questa fase di transizione può rappresentare un’opportunità evolutiva, la reazione di ciascun individuo a questa esperienza può essere molto differente. La disponibilità a fornire cure genitoriali adeguate è legata, più che all’istinto, alle capacità cognitive, affettive e relazionali dell’individuo e richiede una riorganizzazione e rinegoziazione sia del rapporto di coppia che del ruolo parentale. Non si può essere genitori sempre allo stesso modo perché sarà necessario assolvere impegni differenti ed adottare modalità comunicative ed interattive diverse secondo l’età dei figli.
Tutto ciò non è sempre lineare e spontaneo, ed a volte può cogliere impreparati o può accentuare ed appesantire una condizione personale già precaria e difficoltosa.
In questi casi l’aiuto di un professionista può essere prezioso per favorire una relazione serena con il proprio figlio/a, far emergere le risorse del legame affettivo e riflettere sullo stile educativo e comunicativo familiare, allo scopo di sostenere al meglio lo sviluppo psicologico del minore.
Difficoltà del ciclo di vita
“Poi, a un tratto, la sera è diventata notte. A volte non hai il tempo di accorgertene, le cose capitano in pochi secondi. Tutto cambia. Sei vivo. Sei morto. E il mondo va avanti.”
Bukowski
Il tempo scorre e giorno dopo giorno si cresce, si cambia, ci si trasforma. Nell’arco della vita ci si trova ad affrontare numerosi cambiamenti. Ci sono alcuni momenti “di passaggio” da una fase ad un’altra, che richiedono una riorganizzazione interna più o meno complessa e che per questo possono mettere seriamente alla prova l’individuo. Nel periodo dell’adolescenza si affronta il difficile compito di costruire la propria identità: molti aspetti personali vengono messi in discussione e molte nuove prospettive si aprono. Nella prima età adulta ci si confronta con la costruzione di autonomie, con la gestione di nuove responsabilità, con l’uscita dal nucleo familiare e con la costruzione di relazioni affettive significative. In età adulta sono molte le “prove” cui si è sottoposti, come il matrimonio, la maternità, la paternità e la genitorialità, il modificarsi del rapporto con i propri genitori che invecchiano, le sfide lavorative, … La maturità è il periodo in cui ci si confronta con il passato, con la propria storia di vita ed in cui occorre trovare una nuova collocazione a livello sociale.
Accanto a questi cambiamenti “naturali”, “fisiologici” ce ne sono poi altri legati a particolari eventi che possono avvenire nella nostra vita come lutti, perdite, gravidanza, separazioni.
Anche se razionalmente sappiamo che tutto questo può accadere e non solo a noi, tuttavia a volte possiamo sentire di non essere pronti ad affrontare tali cambiamenti e non riusciamo a ri-trovare la nostra bussola interiore. Rimaniamo così ancorati a qualcosa o qualcuno che non c’è più, continuiamo a vivere nel passato senza riuscire ad andare avanti.
In tutti questi casi l’aiuto ed il supporto psicologico può facilitare a fronteggiare ansie, preoccupazioni, il senso di inadeguatezza e la nostalgia, che caratterizzano il percorso, naturale ma difficoltoso emotivamente, verso un nuovo equilibrio e riassetto di se stessi.